di Pete Brown

Mettendo da parte i dibattiti su restrizioni, carte verdi e battaglie legali, ormai la maggior parte della birra viene consumata in casa (anche prima del Covid): perché il pub ha davvero importanza?

Una birretta

Questa foto è stata scattata il 22 luglio 2020, la prima volta che sono tornato in un pub (anche solo all’esterno) dopo il 13 marzo, giorno in cui sono tornato da una settimana di eventi brassicoli in giro per il Regno Unito e ho iniziato una quarantena di due settimane per evitare di trasmettere il Covid a mia moglie asmatica. Non sono più uscito di casa fino al 21 giugno: non avevamo mai visto pannelli di plexiglas nei negozi, adesivi sui pavimenti e marciapiedi allargati per aiutare mantenere il distanziamento sociale, eravamo curiosi di tutto ciò che c’era nel mondo esterno.

La fotografia è stata scattata su un tavolo all’esterno dell’Anchor & Hope, nel quartiere Upper Clapton, nella North London. Il pub si trova sulle sponde del fiume Lea, dal lato opposto dell’area naturale Walthamstow Marshes, dove avevamo portato Mildrid a fare la sua prima lunga passeggiata dopo mesi.

Liz è entrata nel bar ed è tornata con due di queste. Dal momento che si suppone che io ora sia un “influencer”, prima di poter fare il primo sorso mi sono sentito in dovere (e a dire il vero sono stato istruito) di fare una foto da condividere sui social. Il testo che la accompagnava era:

“Prima pinta alla spina in un pub dal 13 marzo. Sì, è una lager commerciale. Sì, è servita in un bicchiere dal brand irrimediabilmente sbagliato. No, non è “artigianale”. Avanti, chiedetemi se me ne importa.”

Me l’hanno chiesto.

Non mi importava.

Era una giornata calda, il 22 luglio 2020. Ma non è per questo che ho ordinato una lager commerciale in un bicchiere dal brand sbagliato. Non ho mai ordinato una lager commerciale in un bicchiere dal brand sbagliato. Mi hanno servito una lager commerciale in un bicchiere dal brand sbagliato perché era tutto quello che il pub aveva, a causa dell’inadeguatezza con cui era stata gestita la riapertura, che non aveva dato il tempo ai piccoli birrifici locali di ricominciare a brassare. A casa avevo una cantina piena di birre infinitamente migliori e, in molti casi, il bicchiere adeguato.

Ma questa era in un pub.

Come capita spesso, il punto non era la birra.

Quando vengo intervistato da altri giornalisti, il che avviene piuttosto spesso ogni volta che i pub si preparano a riaprire, le domande che mi vengono poste più di frequente sono:

– Perché i pub britannici sono così speciali?

– Qual è la differenza tra un pub e un bar?

– Perché i pub sono così importanti nella cultura britannica?

Queste sono domande che mi ponevo già molto prima di conoscere la “birra artigianale”, gli stili birrari, il profilo del luppolo di una West Coast IPA o i vantaggi e gli svantaggi della valvola cask breather. E mi sono state poste di nuovo un sacco di volte durante quella che speriamo tutti sia stata l’ultima settimana di lockdown.

Ci penso ormai da circa 25 anni e ho dedicato le parti principali di almeno tre dei libri che ho scritto al tentativo di dar loro una risposta. In realtà, questo rende più difficile provare a dare risposte brevi e concise, perché ci sarebbe tanto da dire. Ma ecco tre punti principali, emersi dalla prospettiva che stare lontano dai pub per tanto tempo quanto non mi succedeva da quando avevo sedici anni mi ha fatto adottare.

1. SIAMO ANIMALI SOCIALI.

Mildrid, il nostro cane, è viziatissima. Temo che ottenga qualunque cosa voglia, anche quando questo cambia da un momento all’altro. Se io e Liz sediamo insieme, Mildrid deve stare lì con noi, preferibilmente sdraiata nel mezzo. Quando è al culmine della felicità si isola, entra in uno stato quasi catatonico. Lo psicologo canino amatoriale che è in me crede che questo abbia a che fare con il fatto che i cani sono animali sociali e che quando si trova in mezzo a noi, Mildrid torna con la mente nella sua cucciolata.

Forse ci vuole un lockdown per rendersene veramente conto, ma noi non siamo così diversi, abbiamo bisogno di stare in mezzo alla gente. Vogliamo stare in un pub sufficientemente animato. Il punto è che ci fa piacere che ci siano altre persone anche se non abbiamo intenzione di socializzare in modo diretto con loro.

Mi sono reso conto che quello che mi mancava di più in assoluto dei pub era entrare per una birra veloce mentre tornavo a casa dal parco con Mildrid. In queste occasioni mi piace leggere un libro, di solito per qualche ricerca che sto facendo, e non voglio imbattermi in qualcuno che conosco o essere disturbato da qualcuno che non conosco. Nonostante questo, preferisco che ci sia gente (purché riesca ancora a trovare un tavolo libero).

In Shakespeare’s Local spiego come le tendenze di interior design dei pub si siano sviluppate in controtendenza a quelle delle case. Ai tempi di Chaucer le case erano composte da un’unica stanza con un focolare al centro. Non c’era privacy. I pub, al contrario, era suddivisi da pannelli e divisori, predecessori degli snug, i privé dei pub britannici, in modo che le coppie che potevano permetterselo potessero intrattenersi in conversazioni private.

Ora avviene il contrario: mentre a casa le famiglie passano parecchio tempo in stanze diverse guardando monitor diversi, molti pub hanno abbattuto i loro divisori interni in modo da trovarci tutti in un unico grande spazio, senza interagire direttamente, ma in qualche modo confortati dalla presenza altrui.

2. MA ABBIAMO BISOGNO DI AIUTO PER SOCIALIZZARE.

Adoro i bar americani circa al 75% di quanto adoro i pub britannici. Hanno un loro fascino unico e mi mancano da morire quando non posso andare negli Stati Uniti per un po’. Ma molti aspetti della società e della cultura americane sono formali, mentre tutto, dalla costituzione britannica al modo che noi abbiamo di ordinare una bevuta al bar è informale, non scritto: ci si aspetta semplicemente che la gente assorba e conosca le cose.

Una volta ho incontrato una giornalista americana per un’intervista in un pub al centro di Londra. Era appena scesa da un volo notturno e veniva direttamente dall’aeroporto, quindi, ad essere onesti, non era nelle condizioni migliori per la sua prima visita a un pub britannico. L’ho trovata che stava a circa cinque metri dal bancone, mentre lo fissava e tremava leggermente. Dopo le presentazioni mi ha chiesto: “Come fate a fare…” e ha alzato debolmente un braccio indicando le pompe di birra, “…QUESTO?”

Si è scritto molto sulle file invisibili al bancone, sul perché non si chiede mai una Guinness a fine ordine, sulla gestualità delle mani che serve ad attirare educatamente l’attenzione senza risultare maleducati.

Ma quello che più mi piace di queste norme è che praticamente tutte si sono sviluppate specificatamente per incentivare la socialità: dall’acquisto dei giri, alla necessità di andare al bancone per poterlo fare, al fatto di brindare, tutto quanto.

Il miglior esempio è il fatto che mentre lo spazio centrale dove si trova il bancone è territorio comune, i tavoli, una volta occupati, sono privati. Se qualcuno ti attacca bottone al bancone del bar è amichevole. Se poi quella persona ti segue al tavolo senza essere stato invitato è strano.

(Una meravigliosa abitudine tedesca, che mi piacerebbe fosse nostra, chiamata stämmtisch, costituisce un’eccezione alla supremazia britannica in questo campo. Significa letteralmente “tavolo degli abituali” e stabilisce che chiunque voglia aggiungersi quando il tavolo è già occupato deve bussarci sopra e chiedere il permesso).

3. QUINDI IL VALORE SIMBOLICO DEI PUB È MAGGIORE RISPETTO A QUELLO PRATICO.

Ogni volta che chiude un pub nelle vicinanze, la gente inevitabilmente inizia a dire: “Oh, ma che peccato. Avrebbero dovuto frequentarlo più spesso, per non farlo chiudere”. Chi avrebbe dovuto farlo non è mai chiaro, dal momento che la persona che pronuncia questa frase dichiara di adorare il pub in questione, ma dall’ultima volta che ci è andata sono passati circa tre anni. Vogliamo che i pub siano lì, anche se non vogliamo andarci. Questo potrebbe essere un problema.

Avviene perché il pub è una parte così importante del paesaggio britannico da rappresentare la normalità. Durante la prima guerra mondiale, David Loyd George era a favore del proibizionismo assoluto, ma è stato dissuaso dalla minaccia di una rivoluzione comunista. Durante la seconda guerra mondiale, il bombardamento di civili ha implicato che il morale in patria fosse importante quanto quello al fronte. Churchill questo lo capiva: la birra non è mai stata razionata e i pub non sono mai stati obbligati a ridurre i loro orari. Finché i pub avessero potuto aprire, non saremmo ancora stati battuti, anche se il “pub” era una panca tra due barili su un ammasso di detriti di edifici bombardati che fino alla notte prima erano un ostello vittoriano.

Ecco perché il Covid ha avuto un impatto così forte: stando alle mie ricerche, non c’è mai stato un altro momento nella storia britannica in cui i pub sono stati costretti a chiudere del tutto come ora. È come tagliare via una fetta di ordinaria vita britannica. Quando è scoppiato il virus, il primo istinto di noi fan de L’alba dei morti dementi potrebbe essere stato quello di andare al pub Winchester e aspettare che tutto passasse. Ma lo scopo del virus potrebbe anche essere quello di portare via ciò che rende i pub speciali: l’informalità, gli ordini al bancone, gli incontri casuali, i brindisi. Il fatto che i pub abbiano dovuto chiudere ha dimostrato che queste cose non erano normali, anzi, erano decisamente piuttosto spaventose.

Ecco perché oggi tutti i titoli riportano le riaperture dei giardini dei pub, mentre ristoranti all’aperto, palestre e parrucchierie passano in secondo piano. È il motivo per cui sto scrivendo questo articolo su un autobus, il primo che prendo da marzo 2020, con destinazione il pub George di Southwark, per un’intervista al New York Times ed è il motivo per cui poi interverrò al Sixty Minutes della CBS. La riapertura dei pub significa che la Gran Bretagna sta tornando alla normalità e tutto il mondo sta guardando.

Quindi, solo per oggi, non parlerò di come i pub siano stati colpiti ingiustamente da un governo indolente, di come i pub senza spazio all’aperto siano ancora chiusi o di tutti gli altri problemi e questioni che rimangono.

Oggi andrò al pub, vestito di pile e sciarpa, e chiederò: “Cos’hai alla spina?”


Testo originale:

https://www.petebrown.net/2021/04/12/putting-aside-the-arguments-over-restrictions-passports-and-David-versus-Goliath-now-we-do-most-of-our-drinking-at-home-even-before-Covid-why-does-the-pub-actually-matter/

Autore: Pete Brown

Data di pubblicazione: 12 aprile 2021


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